The Phytolacca Series

FACCIO FATICA,
TALVOLTA,
A VIVERE DA ANARCHICO.



Progetto di Serena Porrati in collaborazione con Efesto Art.
Nell’ambito di MILANO E OLTRE_Cantiere Bovisa.




Il quartiere di bovisa e’ fortemente caratterizzato da un insieme aree
dismesse ex lotti industriali inutilizzati o zone residuali urbane in cui la
natura velocemente si appropria della terra creando degli ecosistemi precari.
In questa zona scandita dal cemento numerose sono le specie di piante
invasive che popolano il quartiere.
Tra queste incontrastata la Phytolacca Americana.

La Phytolacca americana è una pianta arbustiva perenne, con fusto
eretto e una grossa radice a fittone. È una pianta che può raggiungere
agevolmente i due metri di altezza. Con l’avvento dell’autunno, la phytolacca
perde fibrosita’, assume un colore bianco sporco, si secca e decade
su se stessa creando delle forme segmentate e aggrovigliate fatte
di fusti e rami che spiccano per la loro complessita’.
Partendo da questa immagine che e’ la struttura di un decadimento biologico
e ciclico ho pensato di ad una serie di sculture in ferro.

La realizzazione di queste sculture e’ affidata ad un laboratorio artigianale
di Bovisa dove la lavorazione del ferro viene effettuata secondo metodi
antichi, basati sulla conoscenza e l’ascolto dei principi di trasformazione
della materia.
Il fabbro che lavorera’ alle sculture e’ un artista la cui sesibilita’ non incontra
il mercato dell’arte contemporanea e rimane quindi in una dimensione
di alto artigianato. La collocazione delle sculture in un luogo dedicato
all’arte sara’ quindi un intrusione in un sistema artistico che viene
regolato normalmente da altri meccanismi di selezione culturale.
Il lavoro vuole indagare il territorio riflettendo sulla relazione tra natura
e cultura; la phytolacca ad esempio ha diverse propieta’ curative ed e’
anche un possibile alimento . Sempre a causa di un fattore culturale gli
abitanti della citta’ ne ignorano le propieta’: passa quindi inosservata o
considerata dai piu’ erbaccia o pianta inutile.

Le sculture verranno esposte il 17 Giugno in uno spazio espositivo in Bovisa
per poi essere “disperse” nelllo stesso luogo in cui nascono le piante.
Insieme alle opere verra’ presentato un’intervista ad Andrea Perin ,
architetto progettista di mostre ed esploratore di cucina alternativa





























PHYTOLACCA AMERICANA
Costituenti principali: saponine triterpeniche, glucosidi, glicoproteine, fitolaccina, fitolaccigenina,
cariofilene, lectina, resina, cera, gomma, tannino, amido.
Erba amara, alterativa, catartica, narcotica, lievemente ipnotica, insetticida e purgativa, che riduce
le infiammazioni, stimola i sistemi immunitario e linfatico e libera dalle tossine. È efficace contro
molti batteri, virus, funghi e parassiti.
In medicina per uso interno nelle malattie autoimmuni, in particolare artrite reumatoide, in caso di
tonsillite, orecchini, ghiandolo ingrossate, catarro cronico, bronchite, mastite, malattie cutanee e
infiammazioni.
Per uso esterno in caso di dermatiti (comprese infezioni fungine), infiammazioni delle articolazioni,
emorroidi, mastite, ulcere varicose. Sebbene molte parti della pianta siano velenose, in molti paesi,
è diffuso l’uso alimentare delle giovani foglie e dei germogli, dopo averli bolliti cambiando più volte
l’acqua.
I giovani getti possono essere utilizzati come gli asparagi, mentre il succo dei frutti, era impiegato
sino a non molti anni fa, oggi è perlopiù proibito e comunque sconsigliato perchè come il resto della
pianta ha proprietà purgative.
Dai frutti si ottiene un inchiostro rosso e una tintura che veniva utilizzata per tingere la lana, la
radice per l’alto contenuto di saponine è stata utilizzata per produrre sapone.
Curiosità: Le Phytolacca presentano un insolito chimismo che è stato sottoposto a indagine scientifica
nella speranza di individuare nuove droghe anti-AIDS ed è stata isolata dalle foglie di P.
americana, una proteina PAP (pokeweed antiviral protein) che è attualmente usata per inibire la
replicazione del virus HIV nelle cellule umane.
Queste piante contengono potenti antinfiammatori, proteine antivirali e sostanze che influenzano
la divisione cellulare.
Phytolacca americana veniva usata dai nativi americani come emetico e antireumatico.
Gli indiani utilizzavano la radice polverizzata come cataplasma, analogamente a quanto facevano i
primi coloni che applicavano un impacco alle mammelle delle mucche in caso di mastite.
Nel 700 si credeva che gli impacchi di radice fossero una buona cura per il tumore. Verso la fine
del XVIII secolo il succo delle bacche fu a volte impiegato in caso di scrofolosi e ulcere cancerose,
inoltre uno studio medico specifico sulla fitolacca in data 1795 determinò che i cherokee, si
servivano della radice polverizzata di questa pianta contro il sifiloma primario senza particolare
successo e, classificò la Fitolacca come escarotica nelle ulcere e nei tumori, oltre che ctartica,
antidolorifica, narcotica, diuretica ed efficace nelle febbri intermittenti. Anche gli indiani irochesi la
impiegavano a scopi terapeutici, mentre le bacche venivano usate da diverse tribù per l’estrazione
di una sostanza colorante. Le bacche rimasero iscritte nella farmacopea americana sino al 1905,
la radice disseccata di Phytolacca rimase ufficialmente in uso sino al 1947.

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